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:: La nascita dei Paninari ::
La
prima tribù di "Paninari "si era formata al bar "il Panino" di
piazzetta del Liberty (situata vicino alla più nota piazza S.Babila)
da cui il nome "Paninari". In piazza del Liberty avvenivano infatti
tutti i primi scontri tra le varie bande. San Babila aveva ricordi
molto freschi legati ai neofascisti fine anni '70 (i "sanbabilini",
per l'appunto) ed era sempre strasorvegliata dalla polizia, nessuna
"riunione sediziosa" avrebbe potuto svolgersi da quelle parti... Il
primo fastfood Wendy (catena americana) a Milano era effettivamente in zona
Porta Romana, e per
la precisione all'angolo tra corso di Porta Romana e via Santa
Sofia. Wendy era stata la prima catena di fastfood americana a essere presente
in Italia (le altre erano italiane al 100%). Soprattutto però Wendy
introdusse un'innovazione importantissima: i Salad Bar, ovverosia le
insalate self service (che negli autogrill sarebbero apparse solo
diversi anni dopo) e anche i 'salad dressing' che da noi erano
sconosciuti (guai a usare altro che non fosse olio e aceto!). Altry
Wendy a Milano erano in piazza Duca d'Aosta (lato destro della
stazione centrale), in piazza Argentina angolo buenos ayres e in
Largo La Foppa (Metrò moscova, dove poi sorse l'indian's cafè).
Proprio per il fatto di essere una catena estera che faceva da
mangiare in modo esterofilo però Wendy venne assorbito da Burghy
prima ancora che Burghy fosse inghiottito da McDonald ^_^ Il primo
McDonald di Milano è stato quello davanti alla Stazione centrale,
all'angolo Vitruvio-Vittor Pisani. Burghy è andata scomparendo poco
a poco: nel 2000 esistevano ancora due punti vendita a Milano :
Duomo (davanti al Duomo) e Corso San Gottardo. Rimase poi solo
quest'ultimo, adesso non c'è più neanche lui. Sigh... Infine, il
primo fastfood milanese a base di hamburger e patatine non è stato
Burghy, bensì Quick (catena francese tutt'ora esistente in Francia,
e ottima tra le altre cose !!!), che ebbe il suo primissimo punto
vendita dove oggi sorge il McDonald all'angolo tra viale Tunisia e
Corso Buenos Aires.
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Dettagli sul fenomeno Paninaro ::
Le
origini
I galli e le sfitinzie si trovavano a smerigliare paninazzi davanti
alle paninoteche, i primi fast-food che iniziavano a diffondersi in
Italia a metà anni 80. E proprio dalle paninoteche prese il nome il
fenomeno dei paninari. Fratelli minori degli yuppies, i paninari
avevano una propria patria: Milano, ed un propria rivista ufficiale,
"il Paninaro", che dettava le regole di appartenenza (le sfitinzie
invece avevano "Preppy" testata simile, ma femminile). Dalle sue pagine
infatti emergevano i tratti distintivi del movimento: Per essere
paninari occorre rigorosamente vestirsi, muoversi, mangiare,
pettinarsi, profumarsi, divertirsi come dei paninari. Esserlo dentro
insomma, esserlo anche quando la sera ci si toglie la cintura El
Charro e le Timberland. Esserlo nel sangue e nelle ossa (da “Il
Paninaro”, n.3, marzo 1986).
I tratti distintivi
Vestire firmato era l’ossessione dei paninari, che fecero del look
il loro principale tratto distintivo. Il piumino Monclair e le
scarpe Timberland, le cintura El Charro e le felpe Best Company
erano i loro imperativi. Il loro stile di vita era basato sul
mangiare hamburger, andare in giro per la città su potenti moto,
conquistare le ragazze, andare in vacanza al mare, preferibilmente a
Montecarlo. I paninari erano giovani appartenenti alla borghesia,
dall’orientamento ideologico vagamente di destra, piuttosto
maschilista. A loro i Pet Shop Boys dedicarono una canzone dal
titolo Il Paninaro (1986) ed il video girato per le strade di
Milano.
Il linguaggio
Il paninaro era un tipo tosto che vestiva troppo giusto. Cuccare le
sfitinzie, magari grippandole davanti alla scuola, era per lui una
vera libidine. Amava molto ruotare in Honda come un ramboso per le
strade di Milano e frenare al brucio davanti ai fast food alla moda,
tutto naturalmente alle spese dei sapiens (i genitori). I suoi
nemici erano i cinghios, i tamarri e soprattutto i cinesi (quelli di
sinistra). Il suo idolo naturalmente il paninaro esaltato
impersonato da Enzo Braschi al Drive In di Italia 1, che
imperversava al ritmo di Wild Boys dei Duran Duran.
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