INTRODUZIONE
Lo Shintoismo : una religione di
stato.
Se dovessimo dare una definizione della
mitologia, compito iniquo già in partenza, una buona risposta sarebbe la seguente:
"mitologia" è un particolare sistema di simboli su cui una civiltà costruisce
i propri presupposti culturali, sociali e psicologici. Dunque una mitologia è
"viva" finché è funzionale, ovvero finché gli uomini cercano in essa una
risposta alle loro domande e la società vi trova le proprie basi e il proprio equilibrio.
Da questo punto di vista la mitologia classica è morta e sepolta: i suoi dèi si sono
trasformati in favole e la sua visione del mondo non viene più accettata.
Ma quando si affronta la mitologia del
Giappone, si scopre con meraviglia è che essa è viva e vegeta. I miti giapponesi non
solo continuano a parlare all'anima del popolo giapponese, ma costituiscono tuttora le
basi civili e sociali dell'intera nazione. Lo shintoismo è una religione di stato: in
essa la tradizione, l'etica e la coscienza civica si fondono in totale armonia.
L'imperatore del Giappone non è solo un capo di stato, ma anche una divinità a cui è
tributato un culto, quale discendente diretto della dea del sole Amaterasu-o-mi-kami.
Lo shintoismo è una forma sofisticata di
animismo. La parola è di origine straniera, derivando dal cinese shen dao, mentre
l'analogo termine giapponese è kami no michi, significando entrambe le espressioni
"via degli dèi". Tradurre kami con "dio" è una forzatura: la parola
giapponese significa letteralmente "superiore", indicando tutto ciò che,
essendo la sede di una forza numinosa, trascende la materialità. Un dio è kami, uno
spirito è kami, un antenato è kami. Ma anche un albero, una pietra, una montagna. Ogni
cosa, nella mentalità animista, può essere kami.
Un teologo occidentale chiese un giorno a
un sacerdote giapponese quale fosse la teologia dello shintoismo. Il giapponese fece un
sorrisetto imbarazzato: - Noi non abbiamo teologia. Noi danziamo. - Questo
aneddoto, riferito da Joseph Campbell, spiega in parte la mentalità animistica: la
religione non ha niente a che vedere con la razionalità. Il divino non va spiegato, va
sperimentato.
Raccomando al lettore che intenda farsi
un'idea del concetto di kami di guardare alcuni film di Akira Kurosawa: l'albero colpito
dal fulmine in "Rapsodia d'ottobre" non è solo una scena dalle forti valenze
pittoriche, ma il preciso tentativo di rendere un'energia kamica; lo stesso discorso è
valido per il matrimonio delle volpi o per la danza degli spiriti del pesco in "Sogni",
dove pure vediamo Van Gogh (interpretato da Martin Scorsese) porsi di fronte al campo di
grano che sta cercando di dipingere con queste parole: - Questo paesaggio trascende la
realtà.
Cercando un parallelo occidentale dello
shintoismo, bisognerebbe indicare la religione romana. In entrambi i mondi il nazionalismo
è un fatto religioso e la religione contempla un culto dello stato. L'imperatore è
divinizzato (di là la discendenza viene fatta risalire ad Amaterasu, di qua alla dea
Venere). Ai personaggi storici e agli antenati si tributa un culto. Analogamente vi è un
culto di luoghi, animali e oggetti caricati di energia numinosa. La parola giapponese
kami, che vuol dire, sì, "dèi", ma più letteralmente "superiori",
ha in latino un preciso equivalente semantico nella parola latina superi.
L'interesse dello shintoismo è
concentrato esclusivamente sul Giappone. Abbiamo visto che nei miti non si parla affatto
di una creazione dell'universo ma piuttosto della creazione del solo Giappone (onde per
cui ho preferito evitare "cosmogonia" e parlare piuttosto di
"yamatogonia"). La mentalità giapponese è sempre stata fortemente
etnocentrica. Nient'altro può spiegare il nazionalismo addirittura feroce con cui i
Giapponesi, tra il 1931 e il '45, s'impegnarono a liberare l'Asia e il Pacifico dal
colonialismo occidentale per costruire l'impero della Grande Asia Orientale sotto la
divina guida dell'imperatore. Lo shintoismo contribuì meravigliosamente a indirizzare
tutte le energie dell'intero popolo giapponese verso questo sogno utopico. Nient'altro
può spiegare gli eccessi di crudeltà di cui furono capaci i Giapponesi, notoriamente uno
dei popoli più cortesi e gentili del mondo. Nient'altro può spiegare il fanatismo
estremo dei kamikaze, i suicidi rituali di intere scolaresche, la dedizione dei soldati
ligi agli ordini che lasciarono le loro postazioni solo anni dopo la fine della guerra.
Riporto qui, a titolo esplicativo, i dogmi dello shintoismo di stato che il Ministero
dell'Istruzione Giapponese diffuse nel 1937, ricavati dal testo Kokutai no hongi:
- Gli imperatori del Giappone
discendono dalla dea del sole Amaterasu-o-mi-kami.
- Il Giappone è stato sempre
governato dalla stessa dinastia.
- Il Giappone è un paese unico al
mondo, senza paragoni.
- Tutti gli imperatori del
Giappone e la dea Amaterasu-o-mi-kami fanno una sola cosa.
- La dea Amaterasu risiede nello
Specchio del tempio di Ise.
- I tre simboli del potere
imperiale (lo Specchio, la Spada e la Collana) furono consegnati agli imperatori dalla dea
Amaterasu.
- L'azione di governare il Paese
è opera divina.
- L'imperatore è una divinità
visibile.
- Gli imperatori del Giappone sono
diversi dai sovrani delle altre nazioni, avendo un'origine divina.
- L'atto di governare il Paese e
quello di pregare gli dèi sono la stessa cosa.
- Gli imperatori offrono preghiere
all'antenata Amaterasu per il benessere del popolo.
- Le regioni non sottomesse
all'imperatore sono infelici. Le guerre fatte ultimamente contro la Cina e la Russia hanno
per scopo il benessere di quei popoli.
- L'imperatore e il popolo formano
una sola cosa.
- La lealtà verso l'imperatore è
la base della morale giapponese.
- La lealtà non consiste solo in
atti di valore in guerra; lealtà è sinonimo di rispetto ai genitori, unione tra
fratelli, pace tra i coniugi, fedeltà tra gli amici. Lealtà significa economia,
beneficenza studio e lavoro. Lealtà significa praticare la virtù, favorire il benessere
della società, rispettare le leggi, dare sviluppo all'industria.
Quando, alla fine della Guerra del
Pacifico, il 15 agosto del 1945, il Giappone accettò la resa incondizionata, gli
Americani pretesero che l'imperatore Hirohito dichiarasse pubblicamente di non essere un
dio; e quando i Giapponesi, poco avvezzi alla logica della teologia occidentale,
ascoltarono alla radio lo storico comunicato, conclusero che Hirohito doveva davvero
essere un dio perché solo un dio aveva l'autorità di fare una simile dichiarazione.
Oggi i Giapponesi hanno reindirizzato la
loro dedizione alla nazione verso il reddito interno lordo, hanno sublimato il feudalesimo
nelle multinazionali e hanno adattato il codice dei samurai alle esigenze dell'economia.
Sono sospesi tra tradizione e modernità, e se da un lato sognano incubi robotici,
dall'altro non hanno mai rinunciato veramente alla loro mitologia. Il tenno, che è oggi
l'ultimo imperatore della terra, continua ad essere per tutti i Giapponesi il legittimo e
diretto discendente della dea del sole Amaterasu-o-mi-kami.
Miti e Leggende.
I miti fondanti dello shintoismo sono
documentati in due antichi classici. Il primo è il Kojiki ["vecchie cose
scritte"], non a torto definito la Bibbia dei Giapponesi. Le storie che contiene,
tramandate oralmente per secoli, furono messe per iscritto intorno al 700 d.C. Ci si
affidò, sembra, alle memorie di una certa Hieda no Are, forse una danzatrice sacra dei
kagura (rappresentazioni drammatiche di argomento mitologico). Il testo fu poi presentato
dal nobile O-no Yasumaro all'imperatrice Genmyo (708-714). Yasumaro ne scrisse
personalmente l'introduzione. Il Kojiki tratta del regno degli dèi e della creazione del
Giappone, spiega le genealogie divine e quindi narra le leggende del Ciclo dell'Izumo. Il
punto centrale è il racconto di come Jinmu-Tenno, discendente di Amaterasu, divenne il
primo imperatore del Giappone. Dopodiché il Kojiki si dilunga sulle imprese dei i sovrani
successivi, arrivando fino al VII secolo. Il testo è complicato, ridondante, di difficile
interpretazione, un inizio rozzo ma splendido per la letteratura giapponese, la quale
raggiungerà il culmine della raffinatezza solo intorno all'anno 1000 con quel capolavoro
universale che è il Genji Monogatari, il diluviale romanzo di Murasaki Shikibu.
L'altro grande testo mitologico
giapponese è il Nihongi. Più tardo rispetto al Kojiki, e inquinato da pesanti influssi
cinesi, il Nihongi riporta gli stessi miti ma con alcune interessanti varianti.
Che origine hanno i miti giapponesi? I
primi studiosi occidentali, d'impianto classicista, non tardarono a trovarvi riferimenti
greci: la storia di Izanagi che scende negli inferi per riprendersi la sposa morta, il
divieto di guardarla e l'immancabile trasgressione, ricordano irresistibilmente la storia
di Orfeo. Anche le prove che Susano-o impone a O-kuni-nushi richiamano da vicino le
imprese di Giasone nella Colchide.
Ma c'è molto di più. Il problema della
mitologia giapponese è legato a quello dell'origine della razza giapponese. A quanto pare
il primo popolo a immigrare in Giappone furono gli Emishi, genti di razza bianca
provenienti dalla Siberia che sarebbero giunte in Giappone dal nord fino ad occupare tutte
le isole dell'arcipelago. I loro discendenti sarebbero oggi gli Ainu dell'Hokkaido. La
seconda ondata arrivò dalla Corea e dalla Cina, e portò elementi sinici, mongoli,
tungusi e manciù. La terza corrente migratoria giunse dal sud, dalla Malesia. Nei miti
giapponesi si trovano elementi provenienti da tutti questi ceppi. I racconti cosmogonici
si avvicinano molto a miti analoghi della Polinesia. Ma vi sono anche chiari elementi
uraloaltaici. La lingua giapponese, che è tradizionalmente considerata isolata (solo il
coreano le è vicino strutturalmente, tanto che oggi si preferisce parlare di un ramo
ainu-coreano-giapponese), sarebbe, secondo alcuni studiosi, imparentata alle lingue
uraloaltaiche. Tale teoria, mai pienamente accettata dai linguisti, è oggi tornata alla
ribalta grazie ai monumentali studi di Greenberg sulla super-famiglia euroasiatica.
Già Fosco Maraini aveva notato come i
canti popolari degli Ainu, gli Yukari, rassomigliassero per atmosfera al Kalevala
finlandese. Giorgio De Santillana ha ritrovato nel Kojiki parecchi punti in comune con il
Kalevala da un lato e con i miti hawaiiani dall'altro. Io stesso non ho potuto fare a meno
di notare una scena del Kojiki straordinariamente simile a un'altra contenuta nel
Kalevipoeg estone. Là vediamo Kalevipoeg scendere negli inferi, lottare con Sarvik,
schiacciarlo al suolo e quindi fuggire su per i cunicoli con le ragazze del re dei morti
sulle spalle, avendogli rubato la spada e il cappello; qui troviamo O-kuni-nushi scendere
negli inferi, legare Susano-o alle travi della casa, e quindi fuggire su per i cunicoli
con la figlia di Susano-o sulle spalle, avendogli rubato la spada e l'arpa. Un caso? Il
Kojiki contiene tratti antichissimi, che la secolare politica d'isolamento giapponese ha
preservato; il Kalevipoeg è sì, una costruzione ottocentesca, ma ha incastonate in sé
gemme di un'antichità portentosa. Forse stiamo soltanto ripetendo esiti poco diversi
dello stesso antichissimo mito.
::: IL KOJIKI :::
Dèi e Imperatori ai primordi del
Giappone
[Era Cosmogonica - VII sec. A.C.]
IZANAGI E IZANAMI
All'inizio del tempo, nell'Èra degli
Dèi...
Gli dèi si riunirono nella Pianura
dell'Alto Cielo e guardando al di sotto delle nuvole videro solo un caos informe. E
dissero:
- Il mondo sotto il cielo non è che una
distesa di acqua salmastra, oleosa, priva di forma. Che qualcuno vada e formi la
terraferma, affinché si possa andarvi a vivere ed abitare.
Accettarono gli invito gli ultimi nati
della stirpe divina, l'augusto Izanagi e sua sorella Izanami. Gli dèi consegnarono loro
la Lancia Gioiello del Cielo e dissero: - Orsù, scendete dalla Pianura dell'Alto Cielo,
formate un paese dal caos e rendetelo abitabile!
I due giovani dèi scesero sul Ponte
Fluttuante del Cielo e sospesi al di sopra delle acque salmastre e turbinanti, vi
immersero dall'alto la lunga lancia, e quando la ritrassero, dalla punta di quella lancia
gocciolò del fango, che rapprendendosi divenne la prima isola del mondo. Quella è
l'isola di Onogoro [Awagi].
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Izanagi e Izanami Izanagi e Izanami, sospesi sul Ponte Fluttuante
del Cielo [ame-no-hashi-date]. Izanagi regge la Lancia Gioiello del Cielo [ame-nu-hoko]
con la quale si prepara a rimescolare le acque caotiche per formare la terraferma. |
YAMATOGONIA
Izanagi e Izanami scesero su quella
piccola isola e là innalzarono un palazzo. Ma il loro lavoro era appena iniziato: a parte
quel piccolo scoglio deserto, il mondo era ancora una massa di acqua senza forma. Non vi
era nulla: né piante né animali né creature viventi, e il paesaggio era piatto e
spoglio. Izanagi e Izanami cominciarono a riflettere su come proseguire la loro opera di
creazione ed Izanagi si trovò a chiedersi perché proprio loro due fossero stati scelti
per scendere sulla terra.
Izanagi chiese a Izanami: - Sorella mia,
dimmi, com'è fatto il tuo corpo?
- Il mio corpo è compatto e ben fatto -
ella rispose. - In un sol punto presenta una strana rientranza.
- Anche il mio corpo è compatto e ben
fatto - fece lui. - Ma in un sol punto presenta una strana sporgenza. Tutto ciò, io
credo, non può essere senza un motivo. Ascoltami bene, sorella. Se mettessimo la parte
del mio corpo che sporge in quella parte del tuo corpo che rientra, che cosa credi che
accadrebbe?
- Proviamo - disse Izanami. E si levò da
terra e corse intorno alla colonna che si ergeva al centro della casa. Izanagi le andò
incontro dalla parte opposta e i due giovani si abbracciarono con trasporto.
- Che giovane amabile! - disse Izanami.
- Che splendida fanciulla! - replicò
Izanagi.
Presto Izanami scoprì di essere incinta,
e quando venne il momento del parto, ella diede alla luce un bambino debole e privo di
ossa, a cui fu messo nome Hiruko [bimbo-sanguisuga]. I genitori, disgustati, lo misero su
una barca di canne e lo abbandonarono in mare.
- Il figlio che abbiamo generato non va
bene - disse Izanagi. - Dobbiamo avere sbagliato qualcosa. Andiamo a chiedere spiegazioni.
Allora Izanagi e Izanami salirono sul
Ponte Fluttuante del Cielo e andarono a interrogare gli dèi. Questi risposero:
- Il concepimento di Izanami non è
andato bene perché nel vostro incontro la donna ha parlato per prima. Ripetete la
cerimonia nuziale ancora una volta e che l'uomo parli per primo.
Izanagi e Izanami ridiscesero dal cielo e
tornarono a girare intorno alla colonna al centro della loro casa.
- Che splendida fanciulla! - disse
Izanagi.
- Che giovane amabile! - replicò
Izanami.
Fu così che Izanami si trovò di nuovo
incinta e i figli che nacquero da lei furono grandi e possenti divinità. Essi
proseguirono l'opera di creazione dei loro genitori formando altre otto grandi isole:
- L'isola di Awaji-no-ho-no-sa-wake [Awaji];
- L'isola di O-ya-shima-kuni [lo Shikoku];
- L'arcipelago di Oki-no-mitsuko [le tre
isole Chiburi, Nishi, Naka];
- L'isola di Tsukushi [il Kyushu];
- L'isola di Iki;
- L'isola di Ame-no-sa-te-yori-hime [l'isola
di Tsushima];
- L'isola di Sado;
- E l'isola di O-Yamato-toyo-akitsu
[l'Honshu].
Tutte queste isole formarono lo
O-ya-shima-kuni [il Paese delle Otto Grandi Isole]. A queste si aggiunsero poi altre sei
isole minori.
Così fu creata la divina terra di
Yamato, il Giappone.
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Izanagi e Izanami Stampa erotica giapponese con scena d'amore tra
Izanagi e Izanami. |
DISCESA NEL PROFONDO
Izanami diede alla luce molti altri figli
e figlie, che furono altrettante divinità. Gli dèi del vento, degli alberi, delle
pianure, dei monti, delle salite, delle vette, delle valli, dei pendii, del mare, della
spuma, delle onde, delle acque, della navigazione, delle costruzioni, del cielo, della
natura e del fuoco. E le Otto Grandi Isole assunsero la loro fisionomia: si riempirono di
monti e di laghi, di piante e animali, e il paesaggio divenne come è ancora oggi.
Ma purtroppo, nel dare alla luce il dio
del fuoco, Izanami si ustionò il ventre e morì.
La donne fu sepolta sul monte Hiba, nella
penisola di Izumo. Izanagi molto si dolse della morte della moglie. - Oh, mia amata
augusta sorellina! Perderti così, per un solo figlio!
Allora Izanagi si mise in viaggio per il
Profondo, lo Yomi-tsu-kuni, il paese dei morti che si trovava nel sottosuolo. Entrò in
una caverna, e dopo aver percorso un lungo cunicolo, giunse a una strana costruzione che
sprofondava ancor più nelle viscere della terra. Izanagi si sporse in giù da una botola
e gridò nell'oscurità:
- Dolce Izanami! Il paese che tu ed io
abbiamo cominciato a costruire non è ancora finito! Su, che cosa aspetti, ritorna!
E dall'oscurità rispose l'augusta
Izanami: - Non posso tornare, o mio diletto, ché ho già mangiato il cibo dei morti.
Tuttavia andrò a conferire con gli dèi degli inferi e chiederò il loro augusto
giudizio. Tu attendi e non guardare. Se guarderai, mi perderai per sempre.
Izanagi si dispose all'attesa, ma il
tempo passava e dalla botola non venivano voci. Allora, non potendo più attendere, prese
il pettine che portava al nodo sinistro dei capelli, ne ruppe un dente e vi accese un
piccolo fuoco. Poi diresse il lumicino all'interno della botola e vide Izanami. Era orrida
come in vita era stata bella. Sul suo corpo si ammassavano dagli spiriti degli inferi. Il
viso era una massa di carni putrefatte, brulicanti di vermi.
Izanami si voltò di scatto. - Izanagi,
perché hai guardato? Mi hai coperta di vergogna!
E trasformatasi in una furia, colei che
era stata Izanami balzò fuori dalla botola per ucciderlo.
Izanagi fuggì su per il cunicolo e
Izanami lo inseguì, mentre gli spiriti degli inferi la seguivano con gran fragore.
Izanagi le sfuggì per un soffio e una volta uscito dal Profondo, afferrò una grande
roccia che solo mille uomini avrebbero potuto spostare, e con quella bloccò l'ingresso
del mondo dei morti.
Dall'altra parte della roccia, si udì la
voce di Izanami: - Mio augusto fratello, giacché tu mi hai disonorata, ogni giorno i miei
spiriti verranno sulla terra e strangoleranno mille uomini!
Rispose Izanagi: - Graziosa sorellina, se
tu farai così, in un sol giorno io genererò mille e cinquecento uomini!
Per questa ragione tuttora muoiono sulla
terra almeno mille uomini al giorno, ma d'altra parte ne nascono più di mille e
cinquecento
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Izanagi e Izanami Questi due scogli gemelli, chiamati con i nomi di
Izanagi e Izanami, si trovano al largo della spiaggia Ame-no-hashi-date, non lontano da
Ise. Rappresentano il mistero della sessualità, la differenza e la complementarità del
maschio e della femmina. |
NASCITA DI AMATERASU E SUSANO-O
Essendo cosparso delle impurità degli
inferi, Izanagi provvide subito a purificarsi. Giunse sull'isola Tsukushi, dove adempì ai
sacri lavacri. E dal lavacro di ogni suo abito e di ogni parte del suo corpo nacque una
diversa divinità. Vennero così alla luce gli dèi del pianto, dei dolori, delle strade,
dei bivi, delle spiagge, dei mali, del fondo del mare, della superficie del mare,
dell'alto mare, della morte, dei banchetti, dei meandri, dei fiumi, e via dicendo.
Dal lavacro del suo occhio sinistro
nacque Amaterasu-o-mi-kami, la Grande Augusta Divinità che Regge il Cielo.
Dal lavacro del suo occhio destro nacque
Tsuki-yomi-no-mikoto, Sua Altezza la Luna delle Notti.
E dal lavacro del suo naso nacque per
ultimo Take-haya-Susano-o-no-mikoto, Sua Altezza il Maschio Rapido Impetuoso.
Allora Izanagi si tolse la collana di
pietre ricurve che aveva al collo e la diede ad Amaterasu dicendole: - Tu, signora, sarai
la dea del sole, e governerai la pianura dell'alto cielo.
Poi si rivolse a Tsuki-yomi e gli disse:
- Tu, signore, sarai il dio della luna, e governerai il regno buio della notte!
Poi parlò a Susano-o: - E tu, signore,
sarai il dio della tempesta, governerai la pianura del mare!
SUSANO-O SI RIBELLA
I figli di Izanagi si accollarono
ciascuno l'incarico avuto dal padre loro, tranne Susano-o, che rifiutò di governare
l'oceano come gli era stato comandato e piuttosto cominciò a piangere e pestare i piedi.
E a lungo pianse tanto che i mari e i fiumi si disseccarono e i monti divennero brulli.
Perciò Izanagi lo chiamò a sé e gli
disse: - Perché non governi il paese che ti fu affidato? Perché invece ti disperi e fai
i capricci?
- Io piango perché non desidero
governare il mare! Piuttosto scendo anch'io nel Profondo, dove si trova nostra madre
Izanami!
- Se è così che la pensi, ebbene, non
sei degno di governare l'oceano! Vattene, allora! Via dal consesso degli dèi!
E Susano-o, cocciuto e orgoglioso,
preferì accettare l'esilio piuttosto che adempiere ai suoi obblighi. Si preparò per
partire, ma prima decise di andare sulla Pianura dell'Ampio Cielo per salutare la sorella
Amaterasu. Afferrò spada e lancia e s'incamminò sul Ponte Fluttuante del Cielo.
Amaterasu lo sentì arrivare dal fracasso
dei suoi passi e gli andò incontro alle soglie del firmamento. Il dio della tempesta e la
dea del sole s'incontrarono sulle due opposte sponde del Fiume Via Lattea e Amaterasu
investì Susano-o:
- Perché sei venuto quassù, fratello?
- O augusta sorella, non ho accettato di
governare l'oceano e per questo ho accettato l'esilio a cui nostro padre Izanagi mi ha
condannato. Perciò sono salito col pensiero di salutarti prima di partire.
- La tua è una scusa per sconvolgere il
cielo come hai già sconvolto la terra! - gridò Amaterasu e gli voltò le spalle
lasciandolo lì alle porte del cielo.
Allora Susano-o si adirò. Distrusse le
risaie di Amaterasu, ne otturò i canali, fece grandi danni in cielo e in terra.
Amaterasu, augustamente, lo ignorò. Allora Susano-o penetrò nottetempo nella sala dove
gli dèi si riunivano a banchetto e la insozzò con i propri escrementi.
Nonostante tali insolenze, Amaterasu
mantenne la sua calma e il suo decoro.
Ciò fece irritare ancora di più
Susano-o, il quale catturò il Cavallo Pezzato del Cielo e lo scorticò contropelo, quindi
salì sul tetto della casa dove lavorava la ricamatrice di Amaterasu, vi praticò un buco,
e lasciò cadere la carcassa nel mezzo del salone principale. La ricamatrice si spaventò
talmente che si trafisse con la spola al basso ventre e morì.
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Susano-o sconvolge
le mandrie di Amaterasu
Disegno
di Kinuko Y. Craft
Susano-o sta per scorticare
il Cavallo Pezzato del Cielo, appartenente ad Amaterasu. Lo "scorticare di una
scorticazione a rovescio" era considerato, nell'antico shintoismo, un'azione che
comportava un alto grado d'impurità. |
LA SCOMPARSA DEL SOLE E LA CERIMONIA
DELL'ECLISSE
Dopo questi atti, la dea del sole,
umiliata e furibonda, lasciò la sua dimora celeste e, senza ascoltare nessuno, entrò in
una profonda grotta che si trovava in cielo e ne sbarrò l'ingresso.
Subito la notte calò sul mondo.
Allora le ottantamila divinità si
radunarono lungo il Fiume Via Lattea, spaventate e piangenti, e cominciarono a domandarsi
in che modo si potesse convincere la dea del sole ad uscire dalla grotta, sicché l'intero
universo non dovesse rimanere per sempre privo della sua luce. Intervenne allora
Omoi-kane, il dio della saggezza, che tosto cominciò ad esporre un suo piano.
Allora il dio fabbro Ama-tsu-mara forgiò
un enorme specchio metallico, che fu disposto dinanzi all'ingresso della grotta. Poi
giunse Ame-no-Uzume, la dea della danza, che rovesciò un calderone di legno accanto alla
grotta, vi salì sopra, e dopo essersi fatta una ghirlanda d'edera, cominciò a danzare.
Sotto i suoi piedi il calderone rimbombava e tutti gli dèi battevano il tempo.
L'atmosfera cominciò a riscaldarsi. Travolta dalla frenesia della sua stessa danza,
Ame-no-Uzume prese a spogliarsi: dapprima scoprì i seni, poi abbassò il perizoma lungo
le cosce. Le ottantamila divinità risero tanto da far traballare la Pianura dell'Ampio
Cielo.
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Ume-no-Uzume
Disegno di Kinuko Y.
Craft
La dea intreccia la sua
danza estatica sulla botte rovesciata, mentre da un lato lo specchio viene retto dinanzi
alla caverna che si sta aprendo. Il gallo si appresta a cantare anunciando il ritorno del
sole. |
Le risate giunsero all'interno della
caverna e Amaterasu levò il capo furibonda. Il cielo e la terra erano immersi nelle
tenebre: perché le ottantamila divinità ridevano, invece di piangere e disperarsi? Si
avvicinò alle porte della caverna e ne aprì un sottilissimo spiraglio per sincerarsi
dell'accaduto. Allora gli dèi Ame-no-koyane e Futo-tama tesero lo specchio verso la
fessura, cosicché gli occhi di Amaterasu incontrarono la sua stessa immagine riflessa e
la dea credette per un istante che una nuova dea del sole stesse illuminando il mondo.
Amaterasu aprì ancora di più lo
spiraglio e il dioTaji-kawa-o, che era particolarmente forzuto, la afferrò e la trasse
fuori dalla caverna. Allora la luce del giorno si distese nuovamente sulla Pianura
dell'Alto Cielo.
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Amaterasu
esce dalla caverna
Disegno di Kinuko Y.
Craft
L'universo intero viene
illuminato, allorché il dio Taji-kawa-o ["forza nelle mani"] trascina fuori la
riluttante Amaterasu. |
SUSANO-O
CONTRO IL DRAGO YA-MATA-OROCHI
Una volta riconciliatisi con
Amaterasu-o-mi-kami, le ottantamila divinità rivolsero la loro attenzione su chi aveva
causato lo sdegno della dea. Afferrarono Susano-o, gli tagliarono la barba, gli
strapparono le unghie delle mani e dei piedi e lo esiliarono dal cielo sulla terra, nel
paese Yamato.
Susano-o andò nella penisola di Izumo e
si stabilì nel luogo detto Torikami, lungo il corso del fiume Hi. Per lungo tempo
Susano-o condusse in quel luogo una vita solitaria, provvedendo da sé stesso al proprio
sostentamento, finché un giorno notò delle bacchette per mangiare che scendevano lungo
la corrente e capì che a monte del fiume abitavano degli uomini.
Allora Susano-o si mise in cammino lungo
il fiume. E così giunse a una casa, dove trovò un vecchietto e una vecchietta in
lacrime. Poco discosta da loro, una bella fanciulla sedeva triste e sconsolata.
- Chi siete? - chiese Susano-o.
- Il mio nome è Ashinazuchi - disse il
vecchietto. - E questa è mia moglie Tenazuchi.
- E la ragazza?
- Lei è nostra figlia, Kushi-nada-hime.
- E qual è il motivo del vostro pianto?
- chiese Susano-o sedendosi.
- Nobile signore, la ragazza che vedete
è l'ultima di otto figlie che avevamo. Una volta all'anno viene qui dalla regione di
Koshi il drago dalle otto teste, Ya-mata-orochi, e divora una delle mie figlie. Sette ne
ha già divorate. Ed ora è ormai tempo che il drago ritorni per divorare anche l'ottava.
Per questo io piango.
Susano-o annuì gravemente. Si alzò in
piedi e disse:
- Io sono Take-haya-Susano-o-no-mikoto,
l'augusto fratello della dea del sole. Vostra figlia è davvero nobile e bella. Datela in
sposa a me ed io vi libererò dal drago.
- Lo farò con tutto il cuore, mio
signore. Ma come intendete sconfiggere quel mostro?
- Ascoltatemi bene. Adesso alzeremo una
palizzata di bambù tutto intorno alla casa e vi faremo otto aperture. Sotto ogni apertura
disporremo una mensola e su ogni mensola metteremo un vaso pieno fino all'orlo del sakè
più forte che riusciremo a distillare.
Si misero subito al lavoro. La fanciulla,
Kushi-nada-hime, venne rinchiusa in una gabbia di bambù onde evitare che il drago la
catturasse. Intanto, il vecchietto e la vecchietta cominciarono a masticare la fecola di
riso in modo da accelerarne la fermentazione; il succo venne spremuto otto volte finché
si ottenne un sakè così forte che bastavano i soli vapori per ubriacare chiunque.
Poi si udì un gran frastuono, il cielo
si riempì di nubi e giunse il drago. Ya-mata-orochi era così grande che la sua lunghezza
oltrepassava otto valli e otto monti e sul suo corpo scaglioso crescevano alberi e
muschio. Aveva otto teste, dagli occhi rossi come frutti splendenti. Otto code frustavano
il cielo. Subito, il drago introdusse le otto teste nelle otto aperture della palizzata e
avvertendo l'aroma del sakè, tuffò avidemente le otto teste negli otto vasi pieni di
liquore. Il mostro bevve avidamente quel sakè e ben presto le otto teste si afflosciarono
ubriache.
Allora Susano-o sfoderò la spada che
portava al fianco e una dopo l'altra tagliò le otto teste del drago e poi continuò a
infierire sul suo corpo facendolo in tanti pezzetti. Il fiume Hi divenne rosso di sangue.
Ma mentre tagliava la coda di mezzo del
mostro, la spada di Susano-o si spezzò in due. Incuriosito, Susano-o usò la punta della
sua spada per squarciare quella grande coda e all'interno di essa trovò la più bella
spada che avesse mai visto: la spada detta Ame-no-mura-kumo che mandò in cielo in dono a
sua sorella Amaterasu.
In seguito, Susano-o costruì una casa a
Suga, sposò la bella Kushi-nada-hime ed ebbe una grande e gloriosa discendenza. I suoi
figli regnarono sull'Izumo per molte generazioni.
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L'esilio
di Susano-o
Disegno di Kinuko Y.
Craft
Il dio delle tempeste viene
cacciato dal cielo ed esiliato sulla terra. |
IL CONIGLIO DI INABA
Molti anni dopo, regnava sull'Izumo re
Ame-no-fuyu-gino, pronipote di Susano-o. Costui aveva avuto dalla sua prima moglie il
figlio O-kuni-nushi. In seguito aveva avuto altri ottanta figli da varie concubine.
Nel regno di Inaba, a oriente dell'Izumo,
viveva una bellissima principessa di nome Yagami. Ciascuno degli ottanta fratelli aveva
deciso di sposarla, così tutti quanti partirono alla volta dell'Inaba per chiedere la sua
mano. O-kuni-nushi seguiva i fratellastri in qualità di servitore, portando sulle spalle
il sacco delle provviste.
Mentre percorrevano le spiagge del capo
Keta, gli ottanta fratelli s'imbatterono in un coniglietto bianco, tutto nudo, ché un
coccodrillo gli aveva mangiato la pelliccia. Allora gli ottanta fratelli gli dissero:
- Ecco quel che devi fare, coniglietto.
Bàgnati nell'acqua di mare, poi vai sulla cima di un monte, là dove soffia il vento.
Vedrai che così la pelliccia ti ricrescerà.
Il coniglietto fece come gli avevano
detto. Si bagnò nel mare e poi si espose soffiava il vento. Ma non appena l'acqua
evaporò, il sale gli screpolò la pelle provocandogli grandi sofferenze. E steso sulla
spiaggia, il coniglietto piangeva e si disperava.
In quel momento arrivò il giovane
O-kuni-nushi, e impietositosi dell'animale, gli disse: - Ascoltami, coniglietto. Adesso
va' a lavarti nell'acqua dolce, poi ròtolati sui fiori di canna. Vedrai che il tuo corpo
guarirà e presto riacquisterai la pelliccia.
Il coniglietto fece come il giovane gli
aveva consigliato e guarì.
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O-kuni-nushi
e il coniglietto di Inaba
La storia di O-kuni-nushi e
del coniglio di Inaba è molto popolare in Giappone, come stanno a testimoniare queste due
simpatiche bambole di porcellana, che ritraggono il principe intento a consolare il
coniglietto piangente. Nel luogo dove sarebbe avvenuto l'incontro, la spiaggia del capo
Keta, si trova oggi un importante tempio shintoista dedicato appunto al dio coniglio. |
SUSANO-O METTE ALLA PROVA
O-KUNI-NUSHI
Intanto, nel regno di Inaba, la
principessa Yagami ricevette gli ottanta fratelli.
- Siamo venuti per chiederti in sposa -
dissero questi alla principessa. - Scegli pure tra noi colui che sarà tuo marito.
- Mi è giunta voce della vostra
crudeltà e della vostra sconsideratezza - rispose lei, ché il coniglietto l'aveva
avvertita di ciò che era accaduto. - Per tale ragione, non ho intenzione di sposare
nessuno di voi. L'unico che può aspirare alla mia mano è invece il vostro nobile
fratello minore O-kuni-nushi.
Presi dalla gelosia, gli ottanta fratelli
cospirarono per uccidere O-kuni-nushi. Dapprima cercarono di arderlo sotto una pietra
incandescente, poi tentarono di schiacciarlo facendogli rotolare addosso un tronco
d'albero. O-kuni-nushi scampò a entrambi i tentativi. Ma gli ottanta fratelli non gli
diedero tregua e lo inseguirono su per i monti bersagliandolo di frecce.
Allora O-kuni-nushi decise di scendere
nel Regno del Profondo per chiedere consiglio al suo antenato Susano-o.
Susano-o dimorava in un angolo del
Profondo, in una grande casa sotterranea. Con lui stava la bellissima figlia Suseri.
Suseri si trovava sulla porta di casa quando giunse O-kuni-nushi. La ragazza si innamorò
immediatamente del giovane e decise in cuor suo che lo avrebbe avuto come sposo.
Ma quando Suseri condusse O-kuni-nushi al
cospetto di Susano-o, questi fissò quel suo discendente e decise di provare personalmente
se fosse all'altezza di salire al trono dell'Izumo.
Susano-o ordinò di farlo dormire in una
grotta piena di serpenti. Ma Suseri consegnò a O-kuni-nushi una benda e gli disse: -
Quando i serpenti staranno per morderti, agita tre volte la benda e loro si
allontaneranno. - O-kuni-nushi fece come gli era stato detto e poté dormire tranquillo.
La notte seguente, Susano-o mandò
O-kuni-nushi a dormire nella grotta dei millepiedi velenosi, ma di nuovo Suseri intervenne
dandogli una seconda benda magica con la quale il ragazzo poté cacciare i millepiedi.
Allora Susano-o scoccò una freccia in
mezza a una gran prateria e ordinò a O-kuni-nushi di andare a prenderla. E mentre il
giovane si trovava nel mezzo della prateria, Susano-o appiccò il fuoco alle stoppie da
tutte le direzioni. O-kuni-nushi si trovò di colpo circondato dalle fiamme ed era ormai
convinto che sarebbe morto bruciato, quando un topo uscì da un buco del terreno e gli
disse di seguirlo. O-kuni-nushi si ritrovò in una grotta sotterranea e poté stare al
sicuro mentre le fiamme divoravano la prateria sopra di lui. Quando ogni cosa fu arsa, e
Suseri già piangeva la perdita di O-kuni-nushi, il giovane venne fuori dalla prateria e
reggeva in mano la freccia. Susano-o cominciò suo malgrado a provare ammirazione per il
suo giovane discendente.
Allora Susano-o gli ordinò di liberargli
i capelli dai pidocchi, che erano enormi e velenosissimi. Intervenne di nuovo Suseru, che
diede a O-kuni-nushi un cartoccio di bacche; così il giovane, mentre frugava tra i
capelli di Susano-o, masticava le bacche e le sputava. Susano-o credette che il giovane
stesse schiacciando tra i denti i suoi pidocchi e pensò che quel suo discendente era
veramente degno di lui.
L'operazione proseguiva lentamente, e
Susano-o si addormentò. Allora O-kuni-nushi disfece i capelli del suo antenato e li
intrecciò a ogni trave della camera. Poi ostruì la porta della caverna con una grossa
pietra, si caricò in spalla Suseru, rubò la spada del dio, il suo arco con le frecce e
la sua arpa ornata di perle, e fuggì via dal Profondo.
Ma durante la fuga l'arpa urtò contro un
albero e cominciò a suonare. Susano-o si svegliò, capì cos'era accaduto e subito balzò
all'inseguimento del giovane. Ma i capelli si tesero tra le travi della camera e a furia
di tirare, Susano-o fece crollare l'intera casa. Il dio dovette perdere del tempo prezioso
a sciogliere tutti i capelli e intanto O-kuni-nushi usciva dalle caverne alla luce del
sole.
Quando Susano-o riuscì a districarsi,
corse sul limitare nel Profondo e sporgendosi fuori dalle caverne vide il giovane ormai
lontano. Allora alzò la voce e gli urlò dietro:
- Servendoti della gran spada e dell'arco
che porti con te, insegui e prostra tutti i tuoi fratellastri fino alle estremità dei
pendii, inseguili e spazzali via nelle rapide dei fiumi, e tu, vigliacco, diventa il
signore dell'intero Yamato! E che mia figlia Suseri sia la tua legittima moglie! Poi,
giunto ai piedi del monte Uka, pianta nella roccia le colonne di un palazzo e rizzane il
tetto fino al cielo! E in quel posto, miserabile, abita e regna!
O-kuni-nushi fece come il suo augusto
antenato Susano-o gli aveva consigliato. Spazzò via i suoi fratellastri, sposò Suseri,
eresse un meraviglioso palazzo alle pendici del monte Uka e impose il suo regnò sullo
Yamato. La sua seconda moglie fu Yagami, ma ebbe anche altre mogli e la sua discendenza fu
numerosa.
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Susano-o-no-mikoto
Marionetta usata nelle
rappresentazioni Sato-Kagura, ispirate al ciclo di Izumo. |
AME-WAKA-HIKO SCENDE SULLA TERRA
Gli anni trascorsero e un giorno, nella
Pianura dell'Alto Cielo, la dea Amaterasu-o-mi-kami rivolse il suo pensiero alla terra e
disse: - Il paese della pianura delle canne abbondanti, di mille autunni e di cinquecento
lunghi autunni, è il paese che verrà governato dal mio augusto figlio primogenito.
Cosui aveva nome
Masa-ka-a-katsu-kachi-haya-bi-ame-no-Oshi-o-mimi-no-mikoto.
Oshi-o-mimi obbedì all'ordine della
madre e scese dal cielo sulla terra. Ma subito dopo Amaterasu lo vide ritornare indietro
atterrito. - Madre! Il paese di Yamato è pieno di semidèi feroci e potenti che si
agitano senza tregua tanto che la terra trema e ne risuona!
Con un comando imperioso, Amaterasu
riunì sul letto asciutto del Fiume Via Lattea le ottantamila divinità. Quindi si rivolse
all'assemblea e disse:
- Il paese di Yamato è il paese che il
mio augusto figlio Oshi-o-mimi dovrà governare. È il paese che mi sono degnata di
offrirgli a lui e ai suoi discendenti, per sempre. Ecco, siccome in questo paese vi sono
già i figli di Susano-o-no-mikoto, i quali sono violenti e pieni di forza e di vigore,
che cosa dobbiamo fare per assoggettarli al nostro volere?
Omoi-kane, il dio del pensiero, rispose:
- Manda sulla terra il nobile Ame-waka-hiko. Lui saprà domare l'animo fiero dei
discendenti di Susano-o.
Allora consegnarono al giovane
Ame-waka-hiko l'arco celeste e gli ordinarono di scendere sulla terra per sottomettere i
discendenti di Susano-o. Ame-waka-hiko promise che avrebbe inviato frequenti rapporti per
informare gli dèi celesti delle sue vittorie e scese dal cielo aprendosi il passo tra le
nubi.
Ma il paese di Yamato era così bello e
accogliente che Ame-waka-hiko decise che non sarebbe più tornato in cielo. S'incontrò
con il re del paese, O-kuni-nushi. Ma invece di trasmettergli l'ordine di Amaterasu, ne
sposò la figlia, la principessa Shita-teru, e rimase con lui come suo genero.
Passarono così otto anni, e Amaterasu e
gli dèi celesti attendevano invano il rapporto di Ame-waka-hiko. Alla fine, decisero di
mandare una fagiana sulla terra per vedere cosa fosse successo. La fagiana scese nel paese
di Izumo, si fermò sopra un albero che si trovava presso la casa di Ame-waka-hiko e
cominciò a chiamarlo a gran voce, chiedendogli per quale ragione non avesse più dato
notizie di sé.
Ame-waka-hiko, infastidito dal richiamo,
brandì l'arco e uccise la fagiana. Ma dopo aver trafitto l'animale, la freccia proseguì
lungo la sua trattoria, arrivò in cielo e si fermò ai piedi di Amaterasu. La dea
riconobbe la freccia di Ame-waka-hiko, poi notò il sangue sulla punta e capì che la
fagiana era stata uccisa. Allora raccolse la freccia e disse:
- Se Ame-waka-hiko ha tradito la sua
casa, che questa freccia lo uccida!
E lasciò cadere la freccia sulla terra.
Ame-waka-hiko stava dormendo nella sua
casa, quando la freccia cadde fischiando dal cielo e si piantò nel suo petto. Così il
giovane morì.
STRETTE DI MANO
C'era in cielo un dio bizzarro di nome
Itsu-no-o-ha-bari, che per qualche ragione aveva sbarrato il Fiume Via Lattea. Il figlio
di questo, Take-mi-kazuchi, che era di grande forza fisica, fu inviato sulla terra con il
compito di conquistare il paese per conto di Amaterasu. Con lui andò il suo compagno, il
dio Ame-no-tori-bune.
I due dèi scesero nella piccola spiaggia
di Inasa, nell'Izumo, e si recarono subito da O-kuni-nushi.
Gli dissero: - L'augusta gran dea
Amaterasu ci ha inviato da te. Questo paese di Yamato che tu governi da signore, dovrai
cederlo a suo figlio Oshi-o-mimi perché regni al tuo posto per sempre.
O-kuni-nushi fece un sorriso storto. -
Chi viene nel mio paese e dice tali empietà merita di provare la forza delle mani di mio
figlio.
Costui aveva nome Take-mi-na-kata ed era
il più forte e orgoglioso dei discendenti di O-kuni-nushi. Lo chiamarono e giunse subito.
Squadrò le due divinità celesti e disse: - Voi che parlate così bene, qua, vediamo se
osate stringere la mia augusta mano!
Afferrò la mano di Ame-no-tori-bune e la
strinse con una presa così possente che la mano si frantumò nella sua stretta.
Ame-no-tori-bune fuggì urlando.
Take-mi-kazuchi rimase da solo dinanzi a
Take-mi-na-kata, il quale lo fissò con intenzione. - Tocca a te, giovane nobile rampollo
del cielo. Su, afferra la mia mano e mostra la tua forza!
Take-mi-kasuchi afferrò la mano di
Take-mi-na-kata. Entrambi strinsero con quanta forza avevano ma questa volta fu
Take-mi-kasuchi a spezzare la stretta del principe e la mano di questi rimase stritolata
tra le sue dita.
Allora O-kuni-nushi si gettò ai piedi di
Take-mi-kasuchi. - Signore, davvero la tua forza è superiore alla nostra! Obbedisco
all'ordine dell'augusta signora che regge il cielo, Amaterasu-o-mi-kami! E non mi opporrò
che il suo nobile figlio Oshi-o-mimi scenda a governare il paese al mio posto!
DISCESA DI NINIGI
Ora che il paese di Yamato era stato
domato, Amaterasu chiamò suo figlio Oshi-o-mimi e gli disse che poteva scendere a
governarlo. Ma Oshi-o-mimi s'inchinò dicendo:
- Madre, in questo tempo che abbiamo
atteso la pacificazione dello Yamato, mi è nato un figlio. Il suo nome è
Ame-nigishi-kuni-nigishi-ama-tsu-hi-daka-hi-ko-hi-no-Ninigi-no-mikoto. Che sia questo
Ninigi a governare al mio posto il paese di Yamato.
Allora Amaterasu fece chiamare Ninigi,
suo nipote, e gli disse: - Questo paese di Yamato, la pianura sotto il cielo, è il paese
che tu governerai!
- Farò secondo il tuo comando! - disse
il nobile Ninigi.
La dea gli consegnò allora i tre tesori
divini, affinché Ninigi e i suoi discendenti li tenessero in segno della loro investitura
celeste. Questi erano: la collana di pietre ricurve che Izanagi aveva consegnato ad
Amaterasu, lo specchio col quale gli dèi avevano fatto uscire Amaterasu dalla caverna in
cui si era rinchiusa, la spada che Susano-o aveva trovato nella coda del drago
Ya-mata-orochi e che aveva dato in dono ad Amaterasu.
Ninigi separò le infinite nubi e ritto
sul Ponte Fluttuante del Cielo, calò sulla terra leggero come una foglia. Scese sulla
cima del monte Kigiburu, a Tsukushi nel Himuka. E Ninigi divenne signore e sovrano di quel
paese.
I tre tesori
divini
Lo specchio, la spada
e il gioiello, i tre tesori che scesero dal cielo insieme a Ninigi, sono tuttora il
simbolo dell'investitura divina del legittimo mikado. L'investitura del nuovo imperatore
del Giappone avviene infatti dalla presa di possesso di questi tre tesori, che
simboleggiano le virtù della saggezza, coraggio e benevolenza.
Lo specchio [Yata no
kagami] è considerato manifestazione della dea del sole Amaterasu-o-mi-kami e quindi
fondamento del dogma di stato della divinità del sovrano. È conservato nel tempio di
Ise.
La spada [Kusanagi no
tsurugi] è conservata nel tempio di Atsuta.
I gioielli [Yasakani no
magatama] sono conservati nel palazzo imperiale.
FONDAZIONE DELL'IMPERO
Si narra che un giorno il nobile
O-yama-tsumi, il signore della grande montagna, s'incontrò con Ninigi e gli propose di
sposare entrambe le sue figlie. La minore, la principessa Kamu-ata-tsu-hime, era bella
come un fiore appena sbocciato, ma la maggiore, Iwa-naga-hime, era brutta come una roccia
spaccata. Così Ninigi sposò la prima e rimandò indietro la seconda.
Il nobile O-yama-tsumi, umiliato per il
rifiuto di Ninigi, gli disse:
- La ragione per cui ti avevo offerto
entrambe le mie figlie era chiara. La principessa Kamu-ata-tsu-hime ti avrebbe reso
rigoglioso come un fiore, la principessa Iwa-naga-hime ti avrebbe reso immutabile come una
roccia. Avendo scelto la minore e rimandato indietro la maggiore, la tua vita sarà
splendida ma transitoria, così come sono instabili i fiori degli alberi.
Iwa-naga-hime rese in seguito Ninigi
padre di tre figli, uno dei quali fu in seguito padre del nobile
Kamu-yamato-iware-biko-no-mikoto. Costui fu poi conosciuto col nome di Jinmu-tenno, che
dalla penisola del Kyushu avanzò conquistando tutto il paese e divenne in seguito il
primo imperatore dello Yamato, fondatore della Dinastia del Crisantemo che ancora oggi
regna sul paese.
Questa è la ragione per cui gli
imperatori del Giappone sono dèi essi stessi, discendendo in linea diretta dalla dea
Amaterasu-o-mi-kami. I tre tesori che si tramandano sono il simbolo stesso di questa
celeste investitura. Ma poiché Ninigi aveva scelto la principessa bella come un fiore e
aveva rifiutato quella brutta come una roccia, ancora oggi, gli imperatori del Giappone,
pur essendo delle divinità, sono soggetti alla vecchiaia e alla morte.
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Torii
Questi eleganti archi di
legno, chiamati torii, tipici del culto shintoista, hanno la funzione di fungere da porta
d'ingresso per i luoghi elevati a un grado particolare di sacralità. Questo nell'immagine
si trova presso Hiroshima. |
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